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Economia e Mafie

Dalla breve analisi storica fatta del fenomeno mafioso risulta evidente che l’intreccio tra sistema illegale mafioso e sistema legale è spesso non identificabile né scindibile; risulta perciò riferibile a uno stesso fenomeno che produce i propri effetti all’interno del sistema economico. Così come è descrivibile il modello dell’accumulazione capitalistica, allo stesso modo è individuabile e tracciabile la dinamica dell’imprenditoria e dell’accumulazione capitalistica mafiosa, che possiamo articolare in quattro passaggi fondamentali:  

  • formazione delle risorse finanziarie attraverso molteplici attività criminose; 
  • utilizzazione di tali risorse nella produzione di nuove attività illegali; 
  • riciclaggio e ripulitura dei capitali; 
  • reinvestimento del denaro ripulito nei circuiti legali dell’economia reale e della finanza.

Si tratta quindi di un sistema imprenditoriale che, traendo la propria accumulazione originaria dalle attività tradizionalmente illegali (commercio della droga e di armi, sfruttamento della prostituzione, racket ecc.), si inserisce nel sistema economico legale per reinvestirne i profitti. La sua presenza nell’economia legale non è però neutra e spesso riesce a condizionarne le dinamiche.  

I settori nei quali la mafia opera:

  • traffico d’armi; 
  • contraffazione;
  • contrabbando di sigarette, tabacchi e altre merci;
  • traffico di stupefacenti, droghe pesanti e leggere;
  • traffico di profughi clandestini;
  • gioco d’azzardo;
  • prostituzione;
  • sequestri di persona;
  • recket delle estorsioni (pizzo);
  • furti;
  • appalti trucati;
  • frodi agricole ai danni dell’UE e dell’AIMA (azienda di Stato per Interventi nel Mercato Agricolo);
  • usura;
  • abusivismo edilizio;
  • traffico di rifiuti;
  • voto di scambio;

Un po’ di cifre…

Vediamo quali sono le stime del volume d’affari annuale del narcotraffico: secondo il National Intelligence Council, sarebbe tra i 100 e i 300 miliardi di dollari; le Nazioni Unite parlano di 400 miliardi e la Banca mondiale di 1.000 miliardi. Il traffico di sostanze stupefacenti è dunque l’attività più remunerativa per la mafia. Il traffico di armi è, sempre secondo stime ufficiali degli organismi sopra indicati, al secondo posto con 290 miliardi di dollari; seguirebbero a notevole distanza il traffico di rifiuti tossici (10-12 miliardi) e la tratta di esseri umani. I dati sopra indicati si riferiscono al volume mondiale di queste attività. Concentriamo adesso la nostra attenzione sulla situazione italiana. Secondo il decimo rapporto sulla criminalità “Sos-impresa”, elaborato dalla Confesercenti, il fatturato del ramo commerciale dell’azienda mafia si aggira attorno ai 90 miliardi di euro, una cifra quantificabile intorno al 7% del Pil. Tanto per rendere l’idea, questo valore corrisponde a cinque manovre finanziarie.

 Il fenomeno del pizzo, ovvero la richiesta di una somma di denaro versata continuamente dal commerciate o dall’imprenditore alle associazioni criminali al fine di garantire la propria sicurezza e quella della propria sicurezza e quella della propria impresa, è estremamente diffuso nelle aree del Paese dov’è maggiormente presente la mafia.

L’agricoltura, i mercati ortofrutticoli, la pesca e le attività turistiche sono allo stesso modo vittime delle attività criminali.

Contraffazione, abusivismo, contrabbando, crimine informatico configurano fattispecie delittuose il cui distintivo è quello di alimentare economie parallele e sommerse rispetto a quelle legali e di colpire numerosi interessi pubblici e privati. Questi reati, infatti, provocano danni a carico delle imprese per la mancata vendita dei loro prodotti, all’Erario in conseguenza dell’evasione dell’IVA e delle imposte sul reddito, al mercato stesso alterandone i meccanismi di funzionamento.

 
AL GIORNO D'OGGI

Tutte le organizzazioni mafiose hanno quest’anno velocizzato il «processo di trasformazione sostituendo l’uso della violenza, sempre più residuale, con linee d’azione di silente infiltrazione». Si ritiene quindi che potrebbero puntare a stringere relazioni con privati e aziende in difficoltà, sfruttando le ingenti risorse liquide a loro disposizione per rilevare o asservire le imprese in fallimento. «Le difficoltà incontrate per arginare il diffondersi della pandemia – ricordano gli analisti della Dia – hanno continuato ad imporre limitazioni alla mobilità dei cittadini e allo svolgimento delle attività di importanti comparti produttivi quali quello commerciale, turistico-ricreativo e della ristorazione. Delle difficoltà finanziarie delle imprese potrebbero approfittare le organizzazioni malavitose». 

Un altro settore sfruttato in pandemia è quello dei farmaci, inquinato «con la produzione di beni contraffatti, approfittando della difficile tracciabilità anche negli approvvigionamenti soprattutto dei dispositivi di protezione individuale e di prodotti medicali, farmaceutici e parafarmaceutici». Il lockdown ha poi spinto le mafie a individuare nuovi canali di smercio delle droghe, come il recapito per posta di sostanze acquistate on line sui mercati esteri, nel «darknet market». 

Si tratta di nuove forme di criminalità «flessibili e ispirate a modelli imprenditoriali, capaci di integrarsi con l’economia legale e di anticiparne l’evoluzione e le opportunità anche agendo nella produzione di beni e servizi nei settori legali dell’economia, operando sui mercati internazionali e sfruttando le disomogeneità legislative dei diversi Paesi». 

Per evitare l’accesso ai fondi del Recovery, l’auspicio della Dia è che i governi dei singoli paesi e le istituzioni europee mettano lo stesso impegno profuso per fronteggiare la pandemia e diano le stesse risposte corali. «Per una lotta efficace contro tali insidie oltre ad una auspicata e sempre più pregnante legislazione condivisa si impone un impulso sempre maggiore nella circolazione delle informazioni e nella cooperazione sinergica tra gli organi investigativi e giudiziari dei singoli Paesi». 

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